GIUSEPPE ARDINGHI STORIA DI UN PITTORE PER IL QUARANTESIMO ANNIVERSARIO DI «ERBA D’ARNO»

In occasione della recente mostra lucchese che ho curato[1], dal titolo Giuseppe Ardinghi e Mari Di Vecchio. L’ambiente artistico del Novecento a Lucca, ho reperito numerosi materiali riguardanti il pittore Giuseppe Ardinghi, conservati a partire dagli anni Venti fino alla sua scomparsa nel 2007. Tra i numerosi testi e documenti, molti testimoniano la naturale vocazione alla scrittura del maestro Ardinghi e di come quest’arte non sia stata secondaria rispetto alla sua dedizione verso le arti visive pittoriche. Giuseppe Ardinghi era un artista poco incline alle lusinghe, ma invece concentrato verso la continua ricerca della veridicità nell’operazione artistica, per questo non esistono molti cataloghi d’arte a lui dedicati, pur essendo apprezzato negli ambienti artistici e culturali del suo tempo che lo hanno sempre visto partecipe e protagonista. Nella ricostruzione della sua carriera artistica ho utilizzato molto le numerose testimonianze scritte che sono apparse in varie riviste culturali del Novecento, fonti importantissime e necessarie, in questo caso al pari delle opere d’arte. Le riviste culturali hanno un ruolo primario in qualità di documenti e testimonianze d’epoca, e tutt’oggi si dimostrano capaci di intercettare l’interesse di molti appassionati e di studiosi. Le riviste sono ancora spazi per interventi di alto valore e per suggerire approfondimenti ad un pubblico eterogeneo che sente la necessità di mantenere un contatto con le esperienze culturali del nostro presente, oltre a partecipare con il proprio contributo di lettore e sostenitore di un atto creativo. Durante gli studi dedicati all’ambiente artistico del Novecento lucchese ho conosciuto e contattato molte persone, anche testimoni diretti o indiretti del tempo; spesso è emersa la volontà e il desiderio di far rinascere una rivista culturale dedicata al territorio che possa intercettare argomenti e personalità interessanti come lo fu la «Rassegna Lucchese» per lungo tempo.

Tornando al tema iniziale, sette anni prima della scomparsa del maestro Ardinghi, il volume Novecento al Caffè[2], pubblicato nella raccolta «Quaderni di Erba d’Arno» a cura di Aldemaro Toni, comincia a prendere forma per uscire nel 2001, con l’intenzione di raccogliere articoli di giornali e racconti pubblicati dal pittore in «Erba d’Arno» a partire dal 1987 e in altre varie riviste in diversi periodi. Gli articoli e i racconti raccolti nel volume Novecento al Caffè si sono rivelati molto importanti per comprendere lo stile e il pensiero di un artista che era stato recentemente un po’ trascurato dal mondo culturale della sua città, ed infatti reperire testimonianze a lui dedicate non è stato facile, ma grazie al rapporto con la scrittura e con «Erba d’Arno», questa fase di ricerca si è arricchita molto. Figure come quella di Ardinghi sono sempre più rare, intendo dire persone colte e capaci di spaziare in varie direzioni artistiche senza rinunciare al piacere, ma anche al dovere, di approfondire ogni argomento affrontato e di assegnare all’Arte un valore morale, teso verso la ricerca della massima espressione artistica che si può ottenere con un serio impegno e non con facili e semplici consensi. Giuseppe Ardinghi era anche uno scrittore già negli anni Trenta e un critico d’arte impegnato come corrispondente de «Il Telegrafo» dagli anni Quaranta fino al secondo dopoguerra, recensiva le mostre lucchesi e commentava fatti relativi al decoro urbano o dibatti riguardo restauri di opere d’arte. Tra le riviste, «Omnibus» nel 1937 pubblicò il suo? Storia comica e nel secondo dopoguerra Ardinghi fu protagonista in «Rassegna Lucchese» insieme a Felice Del Beccaro, oltre a pubblicare spesso articoli e approfondimenti di storia dell’arte in «La Provincia di Lucca» e nella «Rivista di archeologia, storia e costume» dell’Istituto Storico Lucchese. Un’amicizia speciale lo lega a «Erba d’Arno» i cui lettori lo conoscono bene; era presente nella rivista con racconti e con varie riproduzioni delle sue opere pittoriche, ma non solo: è stato descritto da Felice Del Beccaro, nel volume n. 20-21 del 1985, con un bellissimo testo nella sezione “Incontri” che ne racconta la vita sin dai tempi dell’Accademia di Belle Arti a Firenze, allievo di Felice Carena, poi studioso del Rinascimento e appassionato di Cézanne, e più tardi, docente di disegno dal vero presso l’Istituto d’Arte “Augusto Passaglia” di Lucca. Del Beccaro ne racconta le passioni e le tensioni artistiche, la profonda conoscenza della Storia dell’Arte e l’attenzione per le questioni d’arte della sua città, tanto che fu vincitore del concorso regionale nel 1950 per il rifacimento delle vetrate della Cattedrale di San Martino a Lucca che si erano danneggiate durante la Seconda Guerra. Di rilevanza anche la partecipazione alle edizioni delle Biennali di Venezia dal 1928 al 1948 oltre, aggiungo, ad alcuni importanti premi come il diploma medaglia d’oro del 1937 ottenuto all’Expo di Parigi con l’opera ad olio La Madre (opera pubblicata su «Erba d’Arno- gli artisti 1980-2000», volume dedicato ai vent’anni della rivista).

Uno degli aspetti che vorrei anche mettere in evidenza è quello che vede coinvolti, nella scrittura e nella pubblicazione su «Erba d’Arno», anche alcuni amici di Ardinghi, intendo in particolare Guglielmo Petroni, come il già citato Felice Del Beccaro; infatti Petroni scrive Omaggio a Giuseppe Ardinghi, che è il testo di accompagnamento alla ripubblicazione dell’opera La madre nel volume n. 39 del 1990. Ancora una volta Petroni manifesta la stima ed il sostegno autentico per l’amico di una vita, ricordando come Ardinghi fosse già un artista formato, quando negli anni Trenta si stavano affermando personalità rappresentative della cultura italiana, cioè i suoi amici Mario Pannunzio, Arrigo Benedetti per citarne alcuni, tutti coinvolti nelle vicende lucchesi ambientate nello storico Caffè Di Simo (già Caselli). Nel 1994 sarà Giuseppe Ardinghi ad omaggiare Guglielmo Petroni pubblicando sempre su «Erba d’Arno» (n. 56-57), rivista capace di dare voce a personaggi di ampio respiro culturale quali Manlio Cancogni, Carlo Cassola, Alessandro Parronchi, Guglielmo Petroni, e nel contempo raccontare spaccati di vite che appartengono al tessuto culturale locale e non solo fiorentino. Questa duplice funzione ben si realizza nel coinvolgente racconto di Ardinghi Gli anni lucchesi di Guglielmo Petroni, in cui si rievocano le vie del centro storico di Lucca e il Caffè Caselli (poi Di Simo), scenario delle vicende dei giovani artisti e scrittori che hanno saputo vivere il proprio momento storico, sempre condividendo la passione per la cultura, vissuta come esperienza di autenticità e di crescita collettiva.

Alessandra Trabucchi

[1]  La mostra è stata organizzata con il sostegno della Fondazione Banca del Monte di Lucca, presso Palazzo delle Esposizioni in Piazza San Martino, Lucca,16 dicembre 2019- 26 gennaio 2020.

[2]  Giuseppe Ardinghi, Novecento al Caffè, Quaderni di Erba d’Arno, Fucecchio, 2001

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