Coscienza e libertà. L’ultimo numero presentato da Karel Nowak

Ogni religione al mondo sembra predicare amore, tolleranza e pace, eppure, persone appartenenti a una religione spesso odiano persone di altre religioni. E coloro che sono odiate a loro volta odiano. Anche coloro che predicano dal Santo libro, che fa appello all’amore, alla tolleranza e alla pace tra le persone, talvolta predicano odio, sebbene camuffato dietro una «giusta e nobile causa». Come è possibile? Un poeta romantico del XIX secolo ha scritto: «In fondo al cuore umano vedo odio». Non ho la pretesa di avere una «poetica» intuizione del cuore umano, ma molti eventi intorno a noi facilmente confermano questa affermazione.

L’odio religioso non è l’unico genere di odio al mondo. Possiamo solo domandarci quanti membri di una nazione possano condannare e odiare membri di un’altra nazione, o in quale misura i tifosi di una squadra di calcio possano odiare i tifosi di un’altra squadra di calcio.
Occorre fare altri esempi? Perché abbiamo una naturale antipatia per coloro che sono diversi da noi? Da dove vengono questi sentimenti di disprezzo? Emergono veramente dal profondo del cuore umano? È l’odio un’innata caratteristica dell’umanità? Potrebbe essere, il che probabilmente spiegherebbe l’interrogativo posto da Bertrand Russell: «Perché l’odio riscuote tanto più successo di sentimenti amorevoli?». Russell sembra rispondere alla domanda evidenziando che «molto di ciò che passa come idealismo è in realtà odio mascherato». Questo tratto della natura umana è alimentato da sentimenti di paura, incertezza, insoddisfazione e ingiustizia. Insomma, gli uomini sembrano avere una naturale tendenza alla colpa collettiva, di solito con tragici risultati. La storia è piena di esempi di uomini offesi che cercano di vendicarsi non sulla persona che li ha offesi, ma sui membri della sua famiglia, gruppo etnico, tribù, nazione o religione. Il terrorismo è comunemente razionalizzato sull’idea di colpa e responsabilità collettiva. L’odio religioso è ben lungi dall’essere l’unico genere di odio al mondo. Ma poiché apparentemente le religioni predicano amore e tolleranza, l’odio religioso è ancor più ripugnante. Che cosa può essere fatto per risolvere questo problema? La soluzione sembra essere facilmente accessibile e semplice, almeno in teoria.

Jonathan Swift ha osservato: «Abbiamo abbastanza religioni per odiarci, ma non abbastanza per amarci».
L’Associazione internazionale per la libertà religiosa (IRLA), in cooperazione con altre organizzazioni e agenzie, ha organizzato un congresso internazionale a Città del Capo, in Sudafrica, nella primavera del 2007, dal tema «Combattere l’odio religioso attraverso la libertà di credere». Questo numero della rivista contiene un resoconto del congresso internazionale dell’IRLA attraverso le relazioni degli oratori intervenuti.

Il contenuto delle relazioni verte sulla separazione «religione e odio», giocando sulla giustapposizione con la nota separazione tra «Stato e Chiesa». Come la separazione giuridica tra Chiesa e Stato ha aperto le porte per una reale libertà di coscienza, così, oggi, la separazione tra religione e odio può aprire la strada a un dialogo necessario alla tolleranza e al rispetto fra persone di diverse sensibilità e culture.
Una antica storia illustra meglio il punto.

Un anziano signore racconta a suo nipote: «Una terribile lotta sta avvenendo in me – una lotta tra due lupi. Uno è malvagio e rappresenta l’arroganza, l’intolleranza, la superbia, la rabbia e l’odio. L’altro è buono e rappresenta l’amore, la pace, la gioia, l’umiltà, la gentilezza, la comprensione, la tolleranza, la generosità e la compassione. La stessa lotta avviene quotidianamente in te e in ogni altra persona».

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